L’idea di “Parole per sé” si è fatta spazio nelle mie notti insonni, alla ricerca di risposte che forse non verranno mai e rischiano di perdersi nell’obsolescenza dei modi di intendere la vita, in quel retrogusto di stantio che non è apprezzabile nel vino ma dovrebbe farci quantomeno riflettere sulla faticaccia quotidiana nello stare al mondo, e nel tentativo di mettere su, uno ad uno, i mattoni della nostra esistenza.
Scrivere per parlarsi, per instaurare un dialogo con sé, implica guardarsi indietro, cercare la radice dei propri pensieri e dei propri atteggiamenti. Partire da sé, dalla conoscenza del proprio io, senza piedistalli su cui appoggiarlo, ma semplicemente un letto comodo e un guanciale in cui affondare, con la serenità della notte che ci avvolge col suo buio e non ci lascia vedere oltre quello che c’è in noi, senza consensi e dissensi che vengano dall’esterno, senza altra letteratura da cui attingere copiaincolla di emozioni.

Parole per sé è un invito a scrivere un pezzo della propria vita e a condividerlo insieme, qui. Un ricordo, un momento, un incontro che hanno fatto riflettere e indotto un cambiamento, una consapevolezza. Vita comune che si fa racconto e si percepisce nella sua unica dimensione di tempo presente.

Parole per sé non ha la pretesa di essere un concorso letterario perché non ci sono premi da vincere, non ci sono scrittori e critici che esprimeranno pareri e commenti, non ci sono promesse di patinatura. C’è – e non è poco – l’auspicio di un viaggio attraverso la conoscenza di sé, con la certezza che le parole per sé non sono mai parole perse.

Buon viaggio.

4 FEBBRAIO 2001

Stamattina mi sono alzato presto, la casa dorme ancora, da molto tempo non succedeva.E’ un periodo in cui non sto troppo bene fisicamente, il fegato mi duole, leggermente, ma in continuazione. Ho poi anche in continuazione dolori al basso ventre, forse è l’appendice.Non parliamo degli occhi, mi accorgo con sgomento di vederci meno ogni giorno.Non scrivo più, sento le parole attraversarmi la testa, ma senza creare quelle illusioni di sogni e colori che un tempo mi permettevano di volare.I racconti, le storie su cui avevo lavorato giacciono in un angolo della mia testa sono coperti di polvere, non mi viene neanche la tentazione di riporli per un uso migliore, e così le pagine si fondono, si mescolano, le parole che avevo cercato si cancellano da quei fogli mai scritti e si perdono nel buio che ormai circonda la scena.Sto ascoltando e riascoltando il ‘Gloria in excelsis Deo’ , di Haendel arrangiato per organo e tromba, un regalo che mi ha fatto AnnaMaria, dopo aver saputo che da quasi trent’anni lo stavo cercando.Ogni volta mi vengono le lacrime agli occhi.E’ come annullare con un colpo di spugna una vita, e ritrovarmi in sala nella mia casa di ragazzo,davanti al vecchio Philips appoggiato sul tavolino ad ascoltare e riascoltare questo pezzo che mi ero fatto imprestare in parrocchia, poi, non avendo un organo od un altro strumento adeguato lo provavo sulla fisarmonica di Aldo; una fisarmonica giocattolo due ottave e mezza, assolutamente inadeguata a recepire tutte le variazioni i picchi improvvisi, le impennate della musica.A ripensarci adesso quella fisarmonica era già allora, per un ragazzino inconsapevole, una metafora della mia vita. Nella testa grandi slanci, e voli a braccia aperte in cieli azzurri, grandi fantasie, poi, lo strumento della mia vita, del mio corpo, che sentivo inadeguato.Quante cose avrei voluto fare, le mie passioni, la musica, la poesia, la montagna, costretto a viverle sempre a spizzichi e mozzichi, sempre schiacciate tra impegni più urgenti o , peggio ancora, più importanti.Per quanti anni, per quante volte ho vissuto per lavorare, (e qui oggi potrei anche arrabbiarmi con lo stato, con tutti, ma a che scopo?), poi, quando avevo trovato un quasi giusto equilibrio, quando della mia passione e del mio talento riuscivo a far fruttare qualcosa, non in termini economici, non mi è mai interessato, quanto piuttosto in termini umani, i problemi con la gelosia di Liliana, ed il nuovo abbandono di tutto.Come quando sulla piccola fisarmonica di Aldo, partiva l’impennata musicale seguendo le variazioni del ‘Gloria’, e si arrestava bruscamente perchè erano finiti i tasti.Rimaneva un senso di vuoto, di impotenza un senso di inutilità.